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L’Artista del Mese di LUGLIO de IL QUADRO DEL DIRITTO è TATSUNORI KANO – 12 mesi/ 12 artisti / 36 opere/ 3 sedi espositive – da un’idea di Carlo Chelodi

Martedì 11 LUGLIO 2017 ad ore 19:00 presso la Casa del Vino di Isera  sarà presentato il terzo appuntamento con l'Artista per il ciclo di incontri con arte e diritto, organizzato dallo Studio legale Chelodi-Bertuol e Associati .

L'Artista del mese di luglio è TATSUNORI KANO:  nato ad Hiroshima, si è formato e specializzato in Giappone. Nel 1980 approda in Europa ed attulamente vive ed opera a Bologna.  Le sue opere sono presenti in collezioni in Giappone, in Italia ed in molti altri Paesi, dove ha partecipato e partecipa a importanti mostre ed esposizioni.  

Per tutto il mese di luglio le opere di TATSUNORI KANO resteranno esposte nelle sedi di Trento, Ala e Cles dello Studio legale Chelodi-Bertuol e Associati (visite personalizzate su appuntamento)

(coordinamento artistico e giuridico: avv. Carlo Chelodi; coordinamento progettuale: dr. Sara di Lucia; partner del gusto: Casa del Vino di Iseraper info : 389.9859164 saradilucia@gmail.com  )

Le opere dell'Artista  saranno anche occasione  per una breve riflessione giuridica   ispirata dai quadri in esposizione a cura del Notaio Dr.ssa Francesca Pagano.

"Ho accettato con favore l’invito a rendermi autrice di una rapida presentazione delle opere di Tatsunori Kano perché a me piace il bello, e anche se non sono un’esperta d’arte, quando vedo una cosa che è bella, ecco io la riconosco subito.
Il “bello”, poi, si presta ad essere veicolo cioè mezzo espressivo di tanti messaggi diversi.
Nelle opere di Tatsunori (io sono quella che chiama tutti col loro nome di battesimo – lo step successivo è l’abbreviativo, magari ci arriviamo) il “bello” mi sento di poterlo individuare in quello che io definirei “un caos organizzato”.
Si tratta di una caos apparente.
Un’ opera pittorica è, in se’, una rappresentazione.
Di fronte ad un’opera pittorica, l’immediato istinto di ciascuno di noi credo sia domandarsi “cos’è?” ossia “cosa vuole rappresentare?”
E siamo quindi portati a cercare di “trovare un ordine” nell’opera che abbiamo di fronte, applicando quello che noi riteniamo essere un “criterio” razionale per cercare di ricostruire il messaggio figurativo  che l’autore intendeva imprimere alla sua opera
Io credo che, avvicinandoci per tale via alle opere di Tatsunori, sbagliamo strada.
Le opere che ho potuto ammirare esprimono dinamismo, esuberanza, fluidità, vitalità, in un apparente “disordine” non facilmente riconducibile ad una “struttura” che ci consenta di ricostruire un “oggetto” di rappresentazione che possa fungere da “res” (il latinismo concedetemelo) che ognuno di noi può percepire come frammento di un’esperienza vissuta dall’autore e che deve essere trasmessa allo spettatore dell’opera.
Ma io nelle opere di Tatsunori ho trovato qualcosa di diverso: io non credo che l’opera si presti ad una “ricostruzione” razionale condotta con quello che il comune fruitore di un’opera può ritenere costituire un “metodo ordinativo”, basato su facili accostamenti, simmetrie, prospettive, proporzioni, ecc.
Piuttosto, l’opera deve essere percepita quale espressione di un proprio “metodo” di cui l’artista è depositario e che è governata da un “suo” ordine proprio.
Io credo in un’opera come queste non vi sia nulla di casuale; l’artista – e vengo al punto – parla col suo linguaggio e  il comune osservatore può essere portato a pensare che sia incomprensibile.
Quanto mi consente di proporvi un’impressione che ho ricavato da queste opere, posta in relazione con quello che faccio tutti i giorni e che è il mio lavoro.
Anche noi giuristi abbiamo un linguaggio tutto nostro, sconosciuto e difficilmente comprensibile ai più.
Anche i nostri atti sono opere  – giudiziali o negoziali, perché ognuno di noi ha il suo di genere espressivo – e queste opere, tutti lo sappiamo, hanno un linguaggio “artistico” che però è l’unico possibile per esprimere il messaggio che siamo chiamati a portare a conoscenza di chi ci legge.
E allora mi accorgo che, in realtà, anche i nostri atti sono “opere  creative” perché il diritto, ad onta di chi non è un tecnico, è una materia viva e richiede autentica creatività, intuizione, inventiva, è una materia in continua evoluzione proprio grazie all’ingegno di chi, esprimendosi, prova a ritrovare qualcosa di nuovo utilizzando sempre i soliti pennelli, tele e colori, ma facendosi guidare dal proprio genio ed esprimendosi con qualcosa di “insolito”, trova strade non ancora percorse e raggiunge luoghi, conquista vette ed esplora terre prima inaccessibili, possibilmente con ciò facendo compiere a tutti noi e alla comunità di cui facciamo parte un autentico progresso.
Le strade che abbiamo sempre percorso ci porteranno sempre dove siamo sempre arrivati; è percorrendo nuove strade e lasciandoci guidare dall’intuito di una forma espressiva insolita e per questo “non comunemente ordinata”, ma in realtà sorretta da un suo ordine proprio, che possiamo accorgerci, senza averla cercata, di percorrere una nuova strada verso qualcosa che ci sta aspettando, il futuro.

(F. Pagano)